giovedì 3 dicembre 2015

Passo Dyatlov

Una storia che ha dell'incredibile, una storia realmente accaduta, tanto vera quanto inquietante, è un fatto tragico dove si sono susseguite numerose ipotesi e nonostante sia ben documentata non ce n'è una che prevarica l'altra.
Era il 25 gennaio del 1959 quando dieci sciatori decisero di partire dalla cittadina di Sverdlovsk, negli Urali orientali, per una escursione diretta alla montagna di Otorten.




Capo gruppo della spedizione era il 23enne Igor Dyatlov, da qui il nome del passo dove avvenne la tragedia, lui e i suoi compagni erano tutti alpinisti esperti, da qui forse la scelta di percorrere quel percorso particolarmente insidioso.


Il 27 gennaio, raggiunto l'ultimo avamposto abitato, si misero in marcia verso Otorten. Il giorno dopo Yuri Yudin  decise di tornare indietro perché malato, fu l'unico sopravvissuto.
Gli altri nove proseguirono e il 31 gennaio arrivarono sul versante orientale di una montagna chiamata Kholat Syakhl, che in lingua Mansi significa La montagna dei morti, nome che aiutò poi ad alimentare la fantasia di molti. Il giorno successivo decisero di tentare la scalata, ma le avverse condizioni climatiche li fece sbagliare percorso, quando si accorsero dell'errore decisero di piantare le tende e di attendere migliori condizioni meteorologiche.


Sappiamo tutto, fino a questo momento, grazie alle foto e ai diari di viaggio degli escursionisti ritrovati poi nell'accampamento qualche tempo dopo, infatti, i nove non fecero più ritorno a casa. I soccorsi non partirono subito, si ha un periodo di tolleranza dalla data di arrivo in quanto spesso si hanno dei ritardi nelle spedizioni. I familiari ad un certo punto,preoccupati, allertarono le autorità. esercito e polizia parteciparono alle ricerche poi il 26 febbraio un aereo avvisto il campo, i soccorritori trovarono la tenda gravemente danneggiata



La tenda era tagliata dall'interno e le orme facevano supporre che gli escursionisti fossero fuggiti in fretta e furia fuori senza neanche avere il tempo di uscire dall'ingresso, come se fuggissero da qualcosa che era nella tenda con loro.
I ricercatori, seguendo le tracce, fecero un' altra scoperta particolarmente interessante a pochi centinaia di metri di distanza trovarono due corpi, vicino ad un albero, erano senza scarpe e con solo la biancheria intima. Erano fuggiti dalla  tenda senza avere il tempo di vestirsi ad una temperatura di -30°C , hanno cercato anche di arrampicarsi sull'albero infatti sono stati trovati dei brandelli di carne sulla corteccia e i rami erano spezzati fino ad un altezza di 4 metri, cosa può averli terrorizzati da spingersi in un gesto così estremo? A metà distanza tra questi corpi e il campo vennero trovati altri tre corpi, che secondo gli investigatori stavano tornando alla tenda.


Ad un primo riscontro si determinò che la morte sopraggiunse per il freddo. Ma due mesi dopo, vennero scoperti gli altri quattro corpi sepolti nel ghiaccio con una sorpresa che fece aumentare il mistero, in questo caso i corpi erano vestiti ma mostravano ferite mortali, uno di essi aveva il cranio fracassato, altri due avevano la gabbia toracica sfondata, il medico che effettuò l'autopsia riferì che per procurare delle ferite del genere bisognava avere una forza non umana, il quarto corpo quello di una donna presentava una ferita particolare gli era stata strappata la lingua alla radice. Un altra particolarità era che gli escursionisti indossavano vestiti non loro, se li erano scambiati o si erano vestiti con i vestiti dei morti per proteggersi ulteriormente. Pare che alcuni indumenti avessero una quantità di radiazioni superiore alla media.
Da qui le innumerevoli ipotesi dalla tribù Mansi, alla valanga, alle armi sperimentali russe, allo yeti, e infine non potevano mancare gli alieni, c'è poi una teoria che parla di una tempesta perfetta che capita solo in circostanze particolare e i luoghi particolari che ha provocato dei potenti infrasuoni tali da provocare ansie e paure nei malcapitati.
L'enigma del Passo Dyatlov resiste da decenni ad ogni tentativo di spiegazione, ci sono poi un paio di fotografie vere o false chissà che infittiscono di mistero la storia.


Ricordiamo l'unico sopravvissuto, Jurij Judin, perché abbandonò la spedizione dopo qualche giorno perché malato, morì a 70 anni vivendo gli anni dopo la tragedia con senso di colpa per essere scampato alla tragica fine dei suoi amici.

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